Cura Di Bella, indicata la via per averla gratis
Pubblicato il 25/06/2005
Con questa pronuncia della Suprema Corte, è stato respinto il punto di vista, diffuso tra le Asl, in base al quale simili domande giudiziali, in tema di libertà di cura, sarebbero di competenza della giustizia amministrativa, che ha tempi molto più lunghi di quella ordinaria. E, soprattutto, ha più a cuore gli interessi della pubblica amministrazione, anche per motivi di bilancio, anziché i diritti soggettivi dei cittadini.
La sentenza della Suprema Corte - che ha dato il disco verde ai reclami veloci per la cura 'Di Bella' - ha accolto il ricorso di una malata oncologica, affetta da adenocarcinoma con metastasi, che si era rivolta al Tribunale di Melfi, nel 2001, per avere un ''ordine giudiziale in via di urgenza'' al fine di avere gratis, dalla Asl di Venosa, il cocktail di farmaci del metodo 'Di Bella'. La donna chiedeva anche che gli fossero rimborsati i soldi fino allora spesi per curarsi nel modo prescelto, dato che comportava ''una spesa superiore alle sue capacità economiche''. Il Tribunale disse 'sì' alle pretese della malata, ma la Asl si oppose costituendosi in giudizio e ''eccependo il difetto della giurisdizione ordinaria''. Il pubblico ministero si schierò dalla parte della liberta' di cura per la paziente oncologica. E la controversia approdò in Cassazione, che ha il compito di dirimere i conflitti di giurisdizione. La trattazione del caso fu sospesa, da parte degli 'ermellini', in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulla legittimita' di parte del d.lgs 33 del 1998.
Tale normativa, infatti, affidava alla esclusiva competenza dei Tar le cause dei cittadini in tema di erogazione dei servizi sanitari. La Consulta, pero', nel luglio 2004, dichiarò incostituzionale gli articoli che imponevano di rivolgersi al lento e occhiuto giudice amministrativo. Proprio applicando l' indirizzo espresso dai giudici costituzionali, la Cassazione - adesso, per la prima volta - e' riuscita a dare una risposta concreta e definitiva a chi si trova nella stessa situazione dell'ostinata signora di Melfi.
In nessun modo, tuttavia, gli 'ermellini' hanno espresso - con la sentenza 13548 - pareri sull'efficacia della cura in questione. Hanno, però - e non è poco - indicato la strada da percorrere per chi vuole mettere in atto il diritto ad avere cure alternative.