«Sarebbe meglio aiutare i ricercatori»
Pubblicato il 06/05/2005
La sperimentazione del '98 cosa ha accertato?
Era la fase 2, cioè mirata a verificare la tossicità del cocktail di farmaci e l’attività della terapia, se aveva effetto antitumorale. Se i risultati fossero stati sufficientemente buoni, si sarebbe proceduto a una fase successiva, per confrontare la nuova terapia con quelle standard.
I dati ottenuti cosa dissero?
Non furono tali da incoraggiare e giustificar eulteriori sperimentazioni.
Lei partecipò a quei gruppi di studio?
No, e francamente non sono molto favorevole neppure oggi. Suppongo che il ministro avrà fior di consulenze. Avrà notizie, dati di cui non sono a conoscenza. Ma mi sembrerebbe strano.
Perché?
Per la semplice ragione che ormai, noi oncologi, lavoriamo insieme su protocolli internazionali, comunichiamo da un continente all’altro. E' abbastanza improbabile che ci sfugga qualcosa su nuove ricerche, farmaci e protocolli. E, poi, nell’ambito dell’Aiom, l’Associazione italiana oncologia medica, in questi sei anni non si è mai sentito il bisogno di tornare indietro.
C'è chi con il metodo Di Bella ha cambiato il corso della sua malattia.
«Il cocktail Di Bella comprende farmaci chemioterapici e antitumorali. L’endoxan e l’ormone somatostatina, che hanno indicazioni prescritte dal ministero, sono farmaci registrati per uso oncologico. Non stupisce che abbia avuto attività, in alcuni tumori.
Cosa dovrebbe fare il ministro, invece di valutare se rimborsare i farmaci del cocktail?
Da parte del ministero, l’aiuto che mi attenderei non è ricominciare con il metodo Di Bella ma un’attività di promozione della ricerca. Dovrebbe promuovere l’attitudine che hanno gli italiani nella ricerca oncologica.